Il mattino dopo è domenica ma io mi sveglio comunque presto. Devo prepararmi e fare in modo che il bagno sia perfetto per la Padrona, lavare a mano il suo intimo del giorno prima, controllare che tutto sia impeccabile ed in ordine per il suo risveglio.
Sono le 10 quando, come il giorno precedente, con la colazione su un vassoio, entro in camera per svegliarla. Mi sento felice, sereno, certo di essere all'altezza delle sue aspettative. Così resto un po' titubante quando la vedo iniziare a mangiare silenziosa. Mi aspettavo qualche commento gioioso sulla sua serata precedente invece è stranamente seria, quasi persa nei suoi pensieri. Non la disturbo e resto immobile in ginocchio ai piedi del letto sinché è Lei a scuotermi:
"Cosa sei tu?"
"Il Vostro servo, Padrona"
"E un servo cosa deve fare?"
"Prendersi cura della propria Padrona"
"Avvicinati"
Mi accosto a Lei intimorito, non riesco a capire quelle sue parole e tutta la mia sicurezza lascia il posto allo smarrimento di chi non capisce cosa stia accadendo. Quando le sono accanto incrocio i suoi occhi e colgo uno sguardo carico di disapprovazione mista a delusione che esalta il mio disagio e la mia paura. Mi scruta per un po' poi, improvviso e bruciante, un ceffone mi gira la faccia, poi un altro e un altro e un altro ancora. Non reagisco mentre sento le guance bruciare e gli occhi si riempiono di lacrime più per l'apprensione per ciò che sta succedendo che per il dolore che mi fa avvampare il viso.
"Se ti prendi cura di me cosa sono quelle?" e mi indica un punto alle mie spalle. Mi volto e vedo le sue scarpe, quelle che aveva usato la sera prima e con amore avevo sfilato al suo ritorno. Mi aveva detto di riporle e pulirle prima di andare a letto, ma io, scioccamente, perso nella beatitudine di massaggiarle i piedi me ne ero scordato. Mi sento uno schifo. La mia tranquillità festante scompare e mi rendo conto di averla delusa. Eppure quante volte Lei mi ha detto che devo essere perfetto? Quante volte si è raccomandata sull'attenzione ai particolari? Mi vergogno. Parlo parlo e poi scivolo in errori banali che vanificano tutto il mio impegno.
Perché sono così stupido?
Mortificato porto via il vassoio della colazione che intanto Lei ha terminato e le scarpe che pulisco con cura e ripongo come avrei dovuto fare ore prima. La sento in bagno, non ha chiesto di me. Attendo la giusta punizione mentre una lacrima mi scivola lungo il viso.
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